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L’Unione europea si prepara al decollo della Macroregione Adriatico-Ionica
Servirà a coordinare le politiche di otto Paesi in tema di infrastrutture, ambiente, risorse marine e turismo, favorendo così lo sviluppo ma anche un più efficiente impiego delle risorse stanziate dalla Ue. E favorirà anche il processo di integrazione europea per i Paesi balcanici che non ne sono ancora membri. È la Macroregione Adriatico Ionica su cui si è ha fatto il punto nei giorni scorsi ad Atene, nella prima giornata di una Conferenza che vede presenti i rappresentati dei governi di otto Paesi - Grecia, Italia, Slovenia, Croazia, Serbia (i quattro già nella Ue), Montenegro, Albania e Bosnia Erzegovina - e i due commissari europei per la politica regionale e per gli affari marittimi e la pesca, Johannes Hahn e Maria Damanaki, oltre a circa 500 rappresentanti delle amministrazioni locali e regionali, dell'imprenditoria, della comunicazione e della società civile.
''La presidenza greca dell'Unione punta sul mare e sul Mediterraneo come risorse strategiche per la crescita", ha ricordato aprendo i lavori il premier greco Antonis Samaras, il quale ha sottolineato come sia tempo di procedere "non in modo frammentato", ma con un approccio "olistico" e una strategia comune: che non è solo ''un concetto vago - ha aggiunto Samaras - ma un percorso già avviato".
Sull'azione concertata e la sinergia nell'impiego delle risorse scommette infatti la strategia della nuova macroregione europea, che prende le mosse dall'Iniziativa Adriatico-Ionica (IAI) avviata da anni e le coincide territorialmente. Ma non vi sono fondi aggiuntivi, è stato sottolineato da più parti, rispetto a quei 50 miliardi di euro già stanziati da qui al 2020 per i Paesi interessati (22 per l'Italia). Vi è invece l'impegno comune ad utilizzarli appunto in modo coordinato, e anche il coinvolgimento diretto dei quattro Paesi che non sono entrati ancora nell'Unione: oltre a Serbia e Montenegro, l'Albania e la Bosnia Herzegovina.
Fra i pilastri di questa strategia adriatico-ionica c'è il progetto per il gasdotto Tap (Trans-Adriatic Pipeline) e quello per lo Iap (Ionian Adriatic Pipeline), ma ci sono anche lo sviluppo dell'industria navale (con una specifica vocazione per lo yachting) e della pesca, visto che il settore marittimo già vale 20 miliardi di euro all'anno e mezzo milione di posti di lavoro "che possiamo aumentare di un terzo", ha detto la commissaria Damanaki. Ci sono anche la difesa dell'ambiente e il turismo, su cui puntare in modo coordinato, unendo le diverse attrazioni che la regione offre nel suo insieme e facendone una meta per il mercato internazionale. Si calcola che tra il 2025 e il 2030 ''si recheranno all'estero 300 milioni di cinesi - ha detto il commissario Hahn - contro gli 85 di adesso". E dunque bisogna attrarli verso la regione adriatico-ionica.