Attualità
A Mosca ancora vietato il gay pride. Rapporto Amnesty sui Balcani
La polizia russa ha impedito a un gruppo di omosessuali di organizzare un gay pride per le strade di Mosca e ha fermato alcuni attivisti oltre a dei cristiani ortodossi che si opponevano alla parata dell’orgoglio gay. Le forze dell’ordine sono intervenute e hanno bloccato una decina di gay che si erano radunati davanti al municipio di Mosca. La manifestazione era stata infatti vietata dalle autorità municipali per il settimo anno consecutivo, con la motivazione che avrebbe provocato “reazioni negative” in molti russi.
La polizia ha anche rivelato di aver evitato che le due fazioni, attivisti gay e omofobi, venissero a contatto e vi fossero incidenti.
“Una quarantina di persone in totale, di una fazione e dell’altra, sono state fermate per diverse infrazioni della legge”, ha detto un portavoce della polizia, citato dall’agenzia Ria Novosti. Tra i fermati figura anche Nikolaj Alekseev, uno dei leader della comunità gay russa. “La Russia è uno stato totalitario. Sono stato fermato per essermi espresso davanti a dei giornalisti”, ha scritto Alekseev su Twitter.
L’omosessualità è apertamente disapprovata in Russia: fino al 1993 era considerata un reato e fino al 1999 una malattia mentale.
Discriminazioni contro gay, rom e minoranze etniche in genere sono state denunciate in queste ore anche da Amnesty International. Nel rapporto 2012, l’associazione che tutela i diritti umani bacchetta in particolare i paesi balcanici nati dalla dissoluzione della ex Jugoslavia. Nello studio di oltre settecento pagine, presentato a Roma dall’organizzazione non governativa, oltre che per Bosnia Erzegovina, Croazia, Slovenia, Montenegro, Macedonia, Serbia e Kosovo c’è posto anche per l’Albania. Nello specifico, si legge nel rapporto, nel 2011 la violenza domestica in quest’ultimo stato è rimasta diffusa, mentre prosegue indisturbata la tratta di donne a scopo di prostituzione forzata.