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Addio a Jaruzelski, generale della guerra a Solidarnosc
Si è spento nell'ospedale militare di Varsavia all'età di 90 anni il generale Wojciech Jaruzelski, l'uomo che con il suo impegno politico ha unito l'esperienza della Polonia postbellica, dominata dal regime comunista imposto dall'Unione sovietica, e quella moderna e democratica che, dopo la svolta del 1989, da 15 anni fa parte della Nato e da 10 dell'Unione europea. L'uomo che prima ha imposto la legge marziale, poi ha guidato la transizione verso la democrazia.
Le tappe della vita di Jaruzelski suscitano ancora fra i polacchi di oggi forti e spesso contrastanti emozioni, perché le sue decisioni politiche hanno inciso con forza sulle scelte di almeno due generazioni. Sono due gli eventi simbolici che vengono ricordati oggi in ogni biografia di Jaruzelski: la tragica notte dell'introduzione della legge marziale del 13 dicembre 1981, con la quale lui mise fuorilegge Solidarnosc, il primo sindacato autonomo nel blocco comunista nato 16 mesi prima e presieduto da Lech Walesa. Una decisione che per tutta la vita lui ha difeso, spiegando che fu il “male minore”, che evitò un'invasione sovietica: un punto su cui molti, alla fine, gli hanno dato ragione, ma che altri gli hanno sempre contestato, affermando che lui abbia semplicemente ceduto alle pressioni provenienti da Mosca perché ristabilisse l'ordine. Il secondo
evento simbolico fu il successivo, positivo ruolo che assunse accettando il dialogo della “Tavola Rotonda” con le forze dell’opposizione, che ha portato alle elezioni del 4 giugno 1989, vinte da Solidarnosc.
Il generale eletto allora presidente della Polonia accettò la svolta democratica del Paese e appoggiò il governo di Tadeusz Mazowiecki, il primo premier non comunista, nella difficile fase della trasformazione politica ed economica della Polonia.
“Attraverso la legge marziale e poi la Tavola Rotonda ci guidò verso la democrazia”, ha dichiarato l'ex presidente Aleksander Kwasniewski nel dare la notizia sulla morte del suo amico e predecessore.
“Era tutta sbagliata e negativa la decisione del 13 dicembre”, secondo Jan Litynski, il consigliere dell'attuale
presidente Bronislaw Komorowski. Secondo Litynski però nessuno potrà mai sottrarre a Jaruzelski il grande merito di “avere gestito il divorzio fra la Polonia e il comunismo senza spargimenti di sangue”. Per Adam Szostkiewicz, noto pubblicista del settimanale Politica, il caso di Jaruzelski costituisce una rara parabola esistenziale: un uomo “la cui lunga vita politica è finita meglio di come è iniziata”. Szostkiewicz ha ricordato che all'aspetto "migliore" della vita di Jazruzelski vanno legati due personaggi: Michail Gorbaciov e Papa Wojtyla. Jaruzelski, non ha mai nascosto la stima per Karol Wojtyla e alla sua testimonianza raccolta nel processo per la beatificazione di Giovanni Paolo II è stata attribuita grande importanza. In un'intervista pubblicata tre anni fa l'anziano generale, pur non nascondendo la sua indifferenza verso la fede, ha confessato: “Ritengo che uno di motivi del crollo del sistema socialista in Polonia e il nostro errore da uomini di potere del periodo precedente è stato il rapporto sbagliato con la Chiesa”.